A Michele Serra proprio non va giù l’idea che si possa condurre un telegiornale «con un crocefisso a penzoloni sul petto», a suo dire uno sfregio alla laicità nonché uno spot del «logo Dio Patria Famiglia che incombe su ogni inquadratura». Il grido di dolore serriano, uscito ieri su Repubblica, è riferito all’edizione del Tg2 delle 13, che immagino condotta da Marina Nalesso, giornalista che già da anni, dato che non fa mistero della sua fede, attira le ire laiciste. Al corsivista sinistrorso la croce dà talmente fastidio da spingersi a chiederne l’occultamento: «Non si potrebbe cortesemente evitare? […] Basta infilare il crocefisso sotto la camicetta, badando che non urti il microfono».

Non si potrebbe cortesemente evitare? In quest’estate in cui pure sono tante le stranezze da commentare – Sarri alla Juve, l’improvviso amore per la nazionale femminile, la Cigl che promuove l’utero in affitto – la domanda va rispedita all’autore dell’Amaca che non trova di meglio, per riempire la sua rubrica, che scagliarsi contro giornalisti cristiani rei, orrore, di farlo capire. E pensare certe cose sono ormai palesi. Per esempio, dove non ci sono crocefissi, chiese e campanili, non c’è libertà. Dove il cristianesimo è «sotto la camicetta», la dignità umana è sotto i tacchi. Dove insomma mancano conduttrici di telegiornale con la croce al collo, l’aria forse è laicista, forse islamista, senz’altro pessima. Anche per tipi come Serra.

Giuliano Guzzo

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