Dagli Stati Uniti all’Italia, passando per tanti altri Paesi, basta una panoramica per capire come l’ultimo rifugio della sinistra politica occidentale sia uno ed uno soltanto: l’antirazzismo. Quello che forse non è chiaro è quello, in realtà, non è un rifugio. E’ una tomba. Politica, s’intende. Ma pur sempre una tomba. Per un motivo semplice: nel momento in cui i Pierluigi Bersani dichiarano che, se tornassero al governo, correrebbero a varare lo Ius soli, e i Beppe Sala benedicono un afro street party in piazza Duomo a Milano, non si stanno mettendo contro Salvini, la Meloni o Casapound. Si stanno mettendo contro quasi tutti, eccetto la stampa amica e i loro irriducibili simpatizzanti.

Questo, si badi, non perché gli Italiani o altri siano improvvisamente diventati razzisti. Il fatto è un altro: il monomaniacalismo stanca, infastidisce e, alla fine, esaspera. Perché puoi essere povero o ricco, accogliente o diffidente, di orientamento conservatore oppure progressista, ma se non passa giorno senza che da un notiziario anziché da un film, da un talk show anziché da un festival musicale, ti si propini la minestra dell’accoglienza e dell’integrazione, dei muri da abbattere e dei porti da aprire, dei migranti buoni e delle Ong sante, ebbene alla fine scoppi. E inizi a non poterne più e a votare non chi è più di destra, ma semplicemente chi – rispetto al tuo essere italiano da generazioni – ti faccia sentire meno in colpa. Tutto qua. E’ così difficile capirlo?

Giuliano Guzzo