Domani è l’8 marzo e mi toccheranno, tanto per cambiare, fiumi di retorica. Ma stavolta sarà diverso: avrò, anzi già ho un antidoto. E’ “Siamo donne”, il nuovo libro di Paola Belletti, lavoratrice, donna e madre (in ordine crescente d’importanza) che con Berica Editrice torna a condividere 150 pagine di suoi scritti. Perché dico che “Siamo donne” è un rimedio all’8 marzo ideologico? Anzitutto perché, a differenza di tante frasette da giorno delle mimose, è scritto molto bene: non lo leggi, lo sorseggi presagendo – come un signor calice di vino – che finirà troppo presto. Il libro poi, una sorta di manifesto dell’orgoglio femminile cristiano, merita per le tante verità scomode che contiene.
Tipo l’ammissione che questi, per ragioni ben esposte al lettore, sono per la donna, più che di emancipazione, tempi di smarrimento: «Mi sembra che siamo smarrite. Provo tenerezza per noi, donne» (p.28). O la critica alla tesi della cultura dominante secondo cui la realizzazione femminile sia solo e soltanto il lavoro: «Il lavoro delle donne serve alla società, eccome! Ma davvero possiamo farlo solo a scapito del nostro essere? A volte vergognandoci o, all’estremo opposto, esaltando in modo ipertrofico e abbastanza irritante il “fare la mamma e la moglie” come se fosse a sua volta una professione (extrema se tangunt)»? (pp.30-31).
Essendo Paola Belletti donna capace di coniugare fede e concretezza, Cielo e terra, non mancano poi sagge indicazioni sul modo con cui, cristianamente, vivere la femminilità, cercando cioè di evitare eccessi, in un senso come nell’altro: «Rifuggiamo sia la spettacolarizzazione sensuale della bellezza fisica femminile, la sua esposizione volutamente provocatoria, e anche il castigo eccessivo delle sue forme corporee, così belle e benefiche, anche alla sola vista» (p.42). Un bel calcio all’esibizionismo e uno anche a certo eccessivo rigorismo, dunque. Non male, sapendo quando simili opposti, di fatto, avvelenino l’esistenza di chi li fa propri.
Il libro, che contiene molti articoli già scritti ma provvidenzialmente raccolti assieme, spazia poi sui temi delicati dell’aborto – consigliatissima la lettera a una donna che vuole abortire (pp. 106-108) – e della maternità, della spiritualità e della famiglia. Ma sempre evitando prediche, con delicatezza ed una cura stilistica, talvolta, impreziosita da spruzzate d’ironia. Scusate, ma che fate ancora lì? Datevi una mossa e procuratevelo. Perché per me “Siamo donne” è – e sarà – l’antidoto a certo 8 marzo, specie quello femministeggiante, ma per voi potrebbe esserlo rispetto a tante cose, dal piattume culturale alla mancata meraviglia per i doni che, spesso dimenticandolo, abbiamo davanti agli occhi. Mi racconterete.
Pingback: Siamo donne
Meno male che in un anno dalla festa delle donne la legge, mentalita’ e cultura del maschio italiano e’ cambiata e si rende conto della sua ignoranza secolare di fare il selvaggio agredendo il piu’ debole.
“Duro monito del Cardinal Piacenza ai confessori: Gravissimo chattare mentre si confessa”.
Quanta responsabilita’ Sacerdotale si mettono sulle spalle chi non ha cura/guida le Anime come da dovere della loro vocazione.
Senza giudicare nessuno: Sale Sacerdotale andato a Male e diventato Insipido: Non si possono servire due Padroni: Dio e Mammaona, Il Sacro e il Profano,Il Santo e il Mondo.
Aggiungiamo, come prova giornaliera, anche chi trasmette errori ed apostasia al Deposito della Fede Cristiana Cattolica Romana facendo della Religione un commercio e spettacolo per intrattenere i clienti come lo fa Radio Maria di Erba Como Italia (…e altre milliaia telecomunicazioni in giro per il Mondo…): camaleonti nel seno della Chiesa vendutisi al prurito del fai da te catechesi.
Vescovi e Parroci delle Diocesi e Incaricati Ecclesiastici alla Propagazione della Fede tutti muti.
Ecclesiastici, Prelati, Ordini Religiosi sempre piu’ impegnati in convegni e congressi invece di Vigilare sulla Sicurezza Spirituale del Gregge di Cristo per non avere la scomodita’ di dover “puzzare di pecora” come ce lo dice Papa Francesco.
Pur sapendolo preferiscono la paggenteria burocratica di impiegati di religione e la “dolce vita” della carriera ecclesiastica, copiando dagli Sribi, Farisei e Dottori del Tempio di Gerusalemme: e cosi’ il Gregge va a remengo: in parole evangeliche: il Gregge sara’ disperso e senza Pastori.
Tempo Quaresimale: chissa’ che ci ravvediamo in tempo e ritornare alla Dottrina Integrale della Parola Tradizione Magistero secondo lo Spirito del “manuale” della Dottrina della Buona Novella.
Cordiali saluti,
Paul Candiago
(candiago.p@bmts.com)
.
Mi colpisce molto questa frase : “lavoratrice, donna e madre (in ordine crescente d’importanza)”
Forse sfugge allo scrivente che posta in questo modo significa che l’essere madre è più importante che l’essere donna. In pratica una donna esiste in quanto deve essere madre. Se non è madre non è donna, o la sua esistenza è quantomeno inutile.
Ora forse è un refuso, ma in ordine decrescente di importanza forse si dovrebbe scrivere : Donna (persona individuale creata da Dio, con una sua dignita intrinseca ed una sua anima), Madre (funzione insostituibile della Donna che le consente di collaborare col Signore per una nuova creazione, e che ne rende ancor più preziosa l’esistenza), Lavoratrice (funzione importante in quanto restituisce dignità ed autonomia propria alle Donne, anche indipendentemente dalla presenza di una figura maschile accanto).
“Se non è madre non è donna, o la sua esistenza è quantomeno inutile.”
Inutile no, ma certo non è compiuta.
Scrive infatti santa Teresa della Croce:
“Solo chi è accecato dalla focosa parzialità della disputa può negare la realtà evidentissima che il corpo e l’anima della donna sono strutturati per un particolare scopo. E la parola chiara e inoppugnabile della Scrittura esprime ciò che fin dall’inizio del mondo l’esperienza quotidiana c’insegna: la donna è conformata per essere compagna dell’uomo e madre degli uomini.”
Posto inoltre che la maternità non è necessariamente solo “biologica”, il lavoro della donna è, sempre per Edith Stein, prima di tutto quello derivante da tale compito.
Quello “esterno” alla sua vocazione fondamentale, pur del tutto lecito e auspicabile è da porsi sempre in chiara posizione secondaria.
Quindi Giuliano ha ragione, nella sua “graduatoria”.
Ne consegue inoltre che risulta pienamente comprensibile il motivo per cui primo obiettivo dell’odio femminista sia stata proprio la maternità; tanto biologica come morale.
Magari la donna può essere contemporaneamente tutte e tre le cose, un tutt’uno inscindibile, senza fare gerarchie o scalette alla fine inutili?