Il cardinale Bassetti, presidente della Cei, nella sua prolusione di ieri ha «richiamato il valore morale e democratico del voto». Monsignor Delpini, arcivescovo di Milano, ha addirittura scritto ai giovani una lettera di esortazione al voto, mentre Beniamino Pizziol, vescovo di Vicenza, durante la messa per il patrono dei giornalisti, san Francesco di Sales, ha ricordato il «dovere di votare» esortando la categoria a «informare con correttezza fuori dalle logiche di parte “perché nessuno può sentirsi e chiamarsi fuori”». Ora, posto che il 4 marzo mi sarei comunque recato ai seggi, dinnanzi a cotanti appelli non ho davvero più dubbi: vi andrò di corsa.

Solo, non posso non chiedermi se, anziché soffermarsi sulle urne elettorali, non sarebbe il caso che i nostri monsignori tornassero a occuparsi di quelle funerarie; se cioè, anziché pensare alla morte della politica, che è possibile, non farebbero meglio a occuparsi di quella individuale, che è certa. Alt, so benissimo che la Chiesa fa politica ed è certamente un bene. Tuttavia, se la partecipazione è un valore ammetto di faticare a ricordare – sarò una pecorella con problemi acustici – forti appelli della Cei a non astenersi dal Family Day, evento certamente più cristiano e civile dell’odierna campagna elettorale. Non vorrei quindi che l’antropologia, ultimamente, fosse stata barattata con la politologia.

Soprattutto, non vorrei mai che la campagna elettorale affralisse la vocazione ultraterrena dei nostri pastori facendoci confondere il peccato col populismo e dimenticare – come insegna il Vangelo (Matteo 27, 17-23), quando riporta il voto popolare tra Gesù e Barabba – che fiducia nella democrazia e fede in Dio non vanno necessariamente d’accordo. Se le mie paure si rivelassero infondate e mi fosse dimostrato un legame tra l’entusiasmo per le coalizioni di oggi e l’osservanza dei comandamenti di sempre, sarò felicissimo di ritrattare. Anche se qualcosa mi dice che, quando verrà il mio momento, non saprò che farmene della tessera elettorale coi suoi bei diciotto spazi tutti riempiti.

Giuliano Guzzo

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