Giorni di tempesta, questi, a Hollywood, per il caso di Harvey Weinstein, il produttore coinvolto nel «più grave scandalo sessuale che abbia mai colpito il mondo del cinema» (Repubblica.it), dal momento che costui pare abbia abusato lungamente di 40 tra assistenti e attrici famose quali Gwyneth Paltrow, Angelina Jolie, Asia Argento. Per quel che ha commesso, ora Weinstein è stato espulso dall’Academy of motion, pictures, arts and sciences, l’organizzazione che assegna gli Oscar, e subito, nello star system – Mia Farrow in testa – si grida alla meritata punizione. Ora, posto che non si può che condividere una simile decisione, risulta tuttavia difficile non rilevare come essa, in fondo, odori di ipocrisia. Per tanti motivi.

Tanto per cominciare, perché se punizione vera voleva essere, quella contro il produttore stupratore, avrebbe dovuto prevedere la revoca dell’Oscar da egli vinto nel 1999, col film Shakespeare in Love; revoca che, curiosamente, ci si è guardati bene dal disporre. Come mai? Sarebbe da capire. Così come sarebbe da approfondire – sempre a proposito di ipocrisia – il motivo per cui, tolto di mezzo Weinstein, ora il mondo del cinema pare avviato a tirare un sospiro di sollievo, quando vi sono denunce di abusi, se possibili, anche peggiori di quelli perpetrati dal produttore amico dei Clinton. Mi riferisco, per chi non l’avesse capito, a un problema che a Hollywood pare diffuso da decenni senza che nessuno abbia mai pagato: quello della pedofilia.

Un “vizietto”, per così dire, che da quelle parti sembra essere davvero capillare, dato che gli «abusi sessuali sui bambini», laggiù, sarebbero «routine». Così, almeno, poco più di un anno fa, dichiarava apertis verbis il celebre attore Elijah Wood, il quale aggiungeva che i pedofili del mondo cinematografico sarebbero «ricchi e potenti personaggi». Una denuncia, quella del Frodo cinematografico de Il Signore degli Anelli, del tutto simile a quella di Corey Feldman, star di pellicole leggendarie come i Goonies, Gremlins e Stand By Me, il quale ha ammesso: «Ho subito abusi sessuali da diversi produttori negli anni’80 […] il problema principale di Hollywood è stato, è, e sarà la pedofilia» (Corriere della Sera, 23.10.2013).

Gli abusi sessuali subiti – sempre secondo Feldman – sarebbero stati tali da aver portato prima alla tossicodipendenza e poi alla morte prematura un’altra star degli Anni Ottanta, Corey Haim (1971-2010), divenuto famoso per pellicole quali Lucas e i Ragazzi perduti. Ora, se Wood e Feldman hanno ragione – e non c’è motivo per dubitare delle loro parole – che fine hanno fatto, fino ad oggi, i gli orchi di Hollywood? Tutti liberi? Tutti impuniti? Tutti, magari, ancora liberi, questi «ricchi e potenti personaggi», magari pure liberi di continuare a dare libero sfogo alle loro perversioni? Anziché esultare perché Weinstein, con decenni di ritardo, è stato smascherato, forse sarebbe il caso di iniziare a raccontare fino in fondo la storia degli abusi sessuali di Hollywood. A partire dai più terribili.

Giuliano Guzzo

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