Sullo stupro delle due studentesse americane da parte di due carabinieri, fatto per ora oggetto di indagini e non ancora accertato, si sono subito scatenati quanti parlano di «doppio standard», di Italiani che si accaniscono sugli stupratori immigrati e minimizzano su quelli connazionali e scemenze di questo genere. Per evitare di prestare il fianco a questi soggetti – animati, com’è evidente, più da astio verso l’Arma e dalla speranza che degli orrori animaleschi di Rimini non si parli più, che dalla passione per la verità -, credo sia giusto sottolineare è urgente fare la massima chiarezza su quanto accaduto a Firenze.

Tenendo in considerazione tutte le variabili del caso – dall’assicurazione contro lo stupro stipulata, pare, da una delle vittime prima di partire per l’Italia, al fatto che i due militari, di 40 e 25 anni, erano usciti per la prima volta in pattuglia insieme proprio quella notte, dunque non vi sono elementi per immaginare antiche complicità -, ma senza esitare. Perché, se da un lato le sole cose certe, al momento, sembrano essere i 20 minuti in cui i due militari si sono trattenuti nel palazzo ove risiedono le vittime, le tracce biologiche dei rapporti sessuali e l’assenza di qualsivoglia terzo testimone, dall’altro non va perso tempo.

La dignità delle due giovani donne, la sofferenza dei loro familiari e l’Arma stessa, hanno bisogno assoluto di verità. Qualunque, sia chiaro, essa sia. Posto quindi che, per quanto mi riguarda, pure un eventuale rapporto consenziente, ipotesi al momento non scartabile, sarebbe imperdonabile, se i due militari risulteranno responsabili di due stupri, è il caso che non solo non abbiano sconti di alcun tipo (ci mancherebbe!) ma siano portati a rendersi conto di quanto hanno fatto, segnando la vita di due giovani e disonorando una divisa per la quale tantissimi altri – sempre giovani – hanno sacrificato la propria, di vita.

Giuliano Guzzo

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