L’invito ad uscire che, al club nautico della Darsena di Viareggio, hanno rivolto al sindaco del luogo, presentatosi sfoggiando bermuda ritenuti inadatti al locale, avrebbe potuto benissimo concludersi, come episodio, quando è accaduto, cioè mercoledì sera. Invece il primo cittadino – evidentemente ferito nell’orgoglio – ha pensato bene di denunciare il suo allontanamento su Facebook. Già questo dà da pensare: è opportuno, tanto più per un rappresentante delle istituzioni, protestare pubblicamente contro le scelte di un circolo privato? Intendiamoci: sono il primo ad avere un debole per l’abbigliamento estivo e pure estroso (le mie camicie hawaiane credo parlino per me), ma c’è da chiedersi se, a una certa età, lagnarsi perché si viene richiamati al decoro, non sia qualcosa di vagamente puerile.

Ad ogni modo, non è questo, a mio avviso l’aspetto più rilevante della faccenda, conclusasi peraltro bene, dato che stasera, al citato club, dovrebbe tenersi una cena pacificatrice col sindaco ospite speciale. Ciò che credo meriti una riflessione è altro, vale a dire la scelta che il primo cittadino, nel denunciare il trattamento subito alla stampa, ha fatto di elencare il valore di ciò che, oltre ai contestati pantaloncini, indossava quella sera, vale a dire una camicia, un paio di scarpe e un orologio il tutto per un costo complessivo – ci ha tenuto a precisare – di 1850 euro. Ora, se è già di cattivo gusto parlare di quattrini (vizio che, parlo per esperienza, non risparmia neppure personaggi dall’aspetto elegante e ricercato, ma scarsetti quanto a buone maniere), farlo con riferimento ai propri abiti non è una caduta di stile, ma un vero e proprio tonfo.

Nel caso in questione, poi, l’errore è tale per tre distinti motivi. Il primo concerne il fatto che, in una fase di economia se non in recessione comunque debole, per un politico – anche se facoltoso di suo -, urlare ai quattro venti la propria disponibilità economica significa indirettamente umiliare chi invece versa in condizioni critiche; pare, in tal senso, quasi di risentire il «miei cari inferiori» di fantozziana memoria. In secondo luogo, sottolineare che si indossavano abiti costosi quando si è stati allontanati per questioni di decoro e non di portafoglio denota, per usare un eufemismo, poco acume. Va infine messo in luce un terzo aspetto, e cioè che quando si precisa con tanta enfasi il prezzo elevato del proprio vestiario, financo quello casual, si corre il rischio che di essere presi sul serio. E che chi ci ascolta pensi che sia ciò che indossiamo, in questo caso dei costosi bermuda, ciò che di noi ha più valore.

Giuliano Guzzo