Se quando gioca la Nazionale di calcio, gli italiani si trasformano in 60 milioni di allenatori, quando canta Vasco Rossi la metamorfosi collettiva produce 60 milioni di critici musicali. Non intendendo quindi accrescere ulteriormente un plotone di «esperti» ben più numeroso degli oltre 220.000 presenti, ieri, al Modena Park, mi limito a un pensiero sul Komandante e il suo esercito: li odio e li amo.
Il primo sentimento è dovuto, anzitutto, al messaggio che il vecchio leone, ormai da tempo, veicola, sintetizzabile in un conformistico culto dell’eccesso e di pulsioni autodistruttive sconfinanti negli stupefacenti. Non è un caso che Vasco sia stato amico ed estimatore, fino all’ultimo, di Pannella, uno che auspicava la droga «si potesse trovare al self-service» perché così «la cocaina sarebbe doc, l’eroina anche» (la Repubblica, 28/8/1984, p. 14).
In secondo luogo, l’enfasi per il grande show di ieri – un record, considerando il pubblico pagante – mi pare sotto certi aspetti esagerata. Mi sconcerta soprattutto chi sostiene che come Vasco non c’è nessuno, perché ieri c’era una marea umana. Il che vale forse in termini musicali, ma non certo in assoluto. E a chi ironizza sul fatto che Blasco radunerebbe più gente del pontefice, oppongo un ricordo: nell’estate 2011 all’aeroporto di Cuatro Vientos, a Madrid, per Papa Ratzinger c’erano 2 milioni di persone.
Dato che c’ero, posso assicurarvi che il pur stracolmo Modena Park di ieri, a confronto, era un’assemblea di condominio. Detto questo, non riesco tuttavia a non provare, da tempo, una forma di affetto per Vasco. Il cantautore mi è infatti simpatico perché, «anche se questa vita un senso non ce l’ha», lui desidera «trovare un senso a questa vita». Significa che, da corifeo del nichilismo, ne riconosce i limiti, il che non mi pare banale. Senza dimenticare che, pur da poeta maledetto, è uno capace di pensieri acuti e controcorrente.
Come quando arriva ad affermare cosa enormi, tipo che oggi «la vera trasgressione è fare una famiglia e mettere al mondo dei figli. Ci vuole impegno e coraggio, soprattutto per le donne. Non è facile, ma dà un senso a tutto. In fin dei conti siamo in questo mondo per fare dei figli. Quando ne hai uno all’improvviso non sei più tu il figlio, diventi padre, la prospettiva cambia completamente» (La versione di Vasco, Chiarelettere 2011, p.33). Ecco, neppure queste mi paiono parole banali. Per nulla.
Bastano allora questa mia – ma non solo mia, credo – simpatia umana e il riconoscimento di una certa libertà di pensiero, a celebrare Vasco come una sorta di eroe nazionale? Credo di no. Anzi, lo escludo. La sfida, dinnanzi a questo comunque straordinario artista, sta dunque nel continuare e separare i toni distruttivamente conformisti di molte opere dalla sua ricerca confusa e zoppicante, ma comunque autentica – e molto emozionante -, espressione del bisogno, che in fondo tutti avvertiamo, di «una vita che non è mai tardi».
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Il cantante in questione è l’emblema della decadenza italiana: non si può idolatrare uno che ha sempre sostenuto la liberalizzazione delle droghe. Insomma parliamo di un cattivo maestro, uno di quelli che ha indottrinato al male le ultime generazioni di giovani.
Mi fa piacere che anche uno come Vasco, da una vita ubriaco di successo e non solo di quello, sia anche capace di articolare riflessioni sul senso della vita. Credo però che anche qualche altra persona, oltre a lui, nei millenni di esistenze umane sul pianeta terra, abbia avuto questa sensazionale esperienza. Quella di porsi ogni tanto qualche domandina, intendo. Tipo, che ci sto a fare qui, bisogna cercare un senso, per fare famiglia ci vuole un bel coraggio (papa Francesco deve esser stato l’ultimo…), ammiro le donne per questo… e via dicendo. Dico di più: forse nel corso della storia qualcuno è riuscito a dare anche qualche risposta, almeno filosofica.
Sia chiaro, non voglio deridere o denigrare la persona Vasco Rossi (a cui auguro, sinceramente, di cuore, di trovare, incontrare, La risposta decisiva per la sua vita. Io non sono migliore di lui… ) ma semmai l’idea che un tizio possa esser riabilitato da tutto ciò su cui ha basato la sua vita (o gran parte di essa, mi pare innegabile) veicolando, male, la vita di centinaia di migliaia di giovani, solo perché ogni tanto fa affiorare qualche sensato dubbio che forse la verità potrebbe esserci da qualche altra parte e che forse i veri eroi sono altri….
Vasco non si può dire che sia un testimone della Verità. A me, mi spiace, ormai affascinano solo quelli.