Uno dei profili di maggiore criticità del termine «omofobia» – fino al 1985 estraneo allo Zingarelli e prepotentemente entrato nel lessico comune solo da pochi anni – sta nella sua persistente vaghezza. Chi è l’omofobo? Non si sa. I più crederanno che merita questa qualifica colui che discrimina o agisce violenza contro la persona con tendenze omosessuali. Da ingenui. Sì, perché la realtà è che omofobo, oggi, è chiunque osi dissentire dall’agenda LGBT. Al punto che persino “La Repubblica”, il faro del progressismo italico, è incorsa nell’accusa di omofobia.

Il motivo? Ha osato – pensate voi quale crudeltà, quale inenarrabile perfidia, proprio roba da matti – definire «compagno» anziché marito colui che nel maggio 2015 è convolato a nozze con Xavier Bettel, il premier lussemburghese, ieri appunto intento, in occasione della cerimonia per il sessantesimo dei Trattati di Roma, a presentare il suo sposo ad un immaginiamo estasiato Sergio Mattarella.  Sì, lo so, avete ragione, di fronte a notizie simili viene da farsi una risata, e pure bella grande.

Ciò che però fa decisamente meno ridere, in tutta questa storia, anzi che non fa ridere affatto, è che a muovere l’accusa di omofobia contro il quotidiano fondato da Eugenio Scalfari è stato, sulla sua pagina Facebook, nientemeno che Ivan Scalfarotto, Sottosegretario di Stato allo Sviluppo economico del Governo. Il problemino – lo avrete capito, immagino – è che Scalfarotto è anche il firmatario e promotore di un disegno di legge che, per chi si macchia del reato di violenza omofoba, prevede la galera.

Ergo, se passasse il disegno di legge contro l’omofobia, chi osasse apostrofare come «compagno» anziché sposo colui che è convolato a nozze con un altro uomo, rischierebbe? Il dubbio francamente ora viene. A meno che Scalfarotto non usi a sproposito il termine «omofobia», ma non è proprio il tipo. Sicché siamo avvertiti, noi mostri ancora convinti che il matrimonio sia cosa tra uomo e donna, tra poco sarà il nostro turno. A questo punto allora meglio lasciar perdere la difesa della famiglia e battersi per migliorare le condizioni nelle carceri. Meno appassionante forse, ma più utile.

Giuliano Guzzo