napolitano

Fedele a se stesso fino all’ultimo, Matteo Renzi ha voluto caricarsi sulle spalle la batosta referendaria congedandosi con una frase dalla parvenza eroica – «sono io che ho perso» – ma in realtà menzognera. Proprio così: una balla, l’ennesima. Auspicabilmente l’ultima. Infatti, anche se si è speso (ed ha speso, come ben documentato da La Verità) senza riserve in favore della riforma Boschi-Verdini, il primo destinatario dell’ondata di No uscita dalle urne non è l’ex Sindaco di Firenze bensì un altro signore, il quale in queste ore se ne sta sapientemente defilato, vale a dire un certo Giorgio Napolitano. E’ un’osservazione già fatta da altri, tra cui Marco Travaglio, e pare sacrosanta anche perché comprovata da una serie notevole di elementi.

Tanto per cominciare, è lo stesso Renzi ad aver in più occasioni evidenziato come, convocato al Colle in occasione della sua ascesa a Palazzo Chigi, avesse ricevuto da Re Giorgio chiare direttive non solo sulle priorità del nuovo esecutivo ma proprio sulla necessità di promuovere una riforma della Carta. In secondo luogo, a conferma di ciò, durante la campagna referendaria si è in più passaggi potuta riscontrare una singolare convergenza tra le dichiarazioni dell’ex inquilino del Quirinale e quelle del Presidente del Consiglio. Accadeva cioè Napolitano rilasciasse una dichiarazione a favore del Sì al referendum, ed ecco che poche ore dopo Renzi rilanciava con parole sue le stesse cose parendo, a tratti, quasi radiocomandato. Impressionante.

Proprio come impressionante è stata la mobilitazione di questo signore che, ad anni 91, ha dato fondo a tutte le energie – con interviste e interventi vari – per una riforma della Costituzione discutibile sotto tanti punti di vista. La prova provata, insomma, che la cosa gli stava enormemente a cuore. E qui, se volete, sorge un piccolo grande enigma: come mai? Perché? Quale la ragione per cui un politico di lunghissimo corso, con tutta la possibilità di godersi la vecchiaia, ha scelto di spendersi anima e corpo per una revisione della Costituzione, propiziando perfino la nascita un apposito governo che la varasse? Qui le ipotesi sono sostanzialmente due. La prima è quella secondo cui l’ex inquilino del Colle, nonostante l’età, arde ancora di passione politica.

Una passione tale che l’avrebbe spinto nella direzione che si è detto. Se le cose stanno così, tanto di capello a Napolitano, al quale tutti dovrebbero riconoscere l’onore delle armi. C’è però anche una seconda ipotesi circa i motivi della sua mobilitazione, ed è assai meno rassicurante. L’ipotesi infatti è che, come Renzi, pure lui stesse se non eseguendo ordini, quanto meno soddisfacendo desiderata altrui. Di chi, vi chiederete. Eh, domandona da un milione di dollari. Forse dietro a tutto vi sono gli stessi ambienti che hanno preparato ed eseguito, nel 2011, la caduta di Berlusconi e che l’altro giorno hanno spinto nella battaglia referendaria Romano Prodi, un altro che aveva provato a restarne fuori e ne avrebbe avute, del resto, tutte le ragioni. Ma questa è naturalmente solo una ipotesi.

E per capire come stanno davvero le cose, a questo punto, non si può fare altro che osservare non tanto Renzi e Napolitano, i quali è verosimile ora se ne stiano in disparte per un po’, bensì quanto accadrà a Palazzo Chigi e dintorni. Se infatti vi sono poteri desiderosi di allungare le mani sull’Italia, poteri talmente articolati da controllare le istituzioni e da tenere al guinzaglio il mondo dell’informazione, che durante la campagna referendaria ha dimenticato, con poche virtuose eccezioni, il significato della parola imparzialità, potete star certi che ci riproveranno. Nel frattempo, credo sia doveroso e salutare godersi per qualche giorno gli esiti del voto di domenica, che comunque la si pensi è stata una grande festa della democrazia. L’ennesima, dopo la Brexit e la vittoria di Donald Trump, in questo 2016 che per alcuni, potete scommetterci, è ormai un incubo.

Giuliano Guzzo