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L’unica speranza del Presidente del Consiglio è che i sondaggi che danno il No al referendum del prossimo 4 dicembre saldamente avanti siano tutti sbagliati, il che equivale ad augurarsi che il vento della Brexit e della vittoria di Trump passi da Palazzo Chigi. C’è solo un piccolo problema: la Brexit e il trionfo del tycoon sono espressioni di una tendenza anti-sistema, e si dà il caso invece che nel sistema lui, l’ex sindaco di Firenze finito alla Presidenza del Consiglio dei Ministri senza mai neppure essere eletto parlamentare, sia dentro fino al collo. Comprensibile dunque il suo nervosismo, che non sembra essere dovuto solo alla probabile vittoria del No alla riforma Boschi-Verdini, ma anche alla possibilità che il fronte del Sì, più che perdere, si fermi ad una percentuale più bassa del previsto.

I sondaggi, insomma, potrebbero essere davvero sbagliati anche da noi: ma a tutto vantaggio del Sì, che pure viene dato per perdente. Se questo fosse vero – e nessuno ad oggi può escluderlo – si spiegherebbe l’atteggiamento di Matteo Renzi il quale, dopo aver presenziato in tutte le trasmissioni televisive (credo gli manchi solo Chi l’ha visto?) e dopo aver assistito al “casuale” siluramento cartaceo e catodico di giornalisti a lui sfavorevoli – da Bianca Berlinguer a Maurizio Belpietro, passando per Massimo Giannini -, si sente comunque con l’acqua alla gola e rischia quasi di perdere la testa. Le prove? Le sue dichiarazioni, anzitutto. Se vince il No – ha detto l’altro giorno – vorrà dire che rispetterò coloro che vogliono mantenere il Parlamento più numeroso e costoso al mondo.

Ora, a parte che tutto questo non è vero (se si considera il rapporto tra popolazione e parlamentari, l’Italia – con 1,6 parlamentari ogni 100.000 abitanti – in Europa non è prima ma 22esima, e il Congresso Usa costa assai di più con un numero di membri sensibilmente inferiore), è chiaro il significato delle parole del Premier, che intendeva a dire: se proprio dovrò sottomettermi alla volontà di un popolo di pecoroni conservatori, vorrà dire che lo farò. Non esattamente il classico pensierino di «uno sereno», per impiegare una espressione a lui cara. Un’altra uscita che non trasuda calma è questa, di ieri: «In questo referendum vediamo che c’è un’accozzaglia di tutti contro una sola persona. Senza una proposta alternativa. Ma vi rendete conto che c’è Berlusconi e Travaglio insieme, D’Alema e Grillo insieme?».

Anche in questo caso gli si potrebbe far notare che non è stato il medico a ordinargli di riformare la Costituzione (e neppure i cittadini: solo il 6% degli Italiani, a maggio 2016, considerava la considerava una priorità), ma il punto è un altro, ovvero l’incontenibile nervosismo del Nostro; che sta facendo di tutto, se non per vincere, almeno per non perdere rovinosamente. Lo dimostrano le già citate ospitate televisive, durante le quali Renzi sgrana suppergiù sempre lo stesso rosario (cose tipo «questa non è un’occasione per il Pd, ma per il Paese», «in ballo c’è la scelta tra passato e futuro» e «con questa riforma l’Italia tornerà grande»), e il fatto che sia lui sia il Ministro Boschi preferiscano ormai tenere comizi e interventi in ambienti rigorosamente non aperti, non già per risparmiarsi il freddo bensì le contestazioni.

Contestazioni che, beninteso, toccano non solo a Renzi ma pressoché a chiunque governi, ma soprattutto a chi lo faccia vendendo promesse che poi non mantiene. Da questo punto di vista, i 1000 giorni del segretario del PD a Palazzo Chigi sono un traguardo problematico per l’ex Sindaco di Firenze, il quale per salvarsi la faccia va astutamente affermando lui per primo di «non essere contento» di come vanno le cose. Un trucco che però potrebbe non bastargli – insieme all’occupazione militare delle reti televisive e a quanto si è detto – per evitare una sconfitta dalle proporzioni potenzialmente ampie. Basti dire che venerdì sera a La7 Renzi ha persino ridimensionato l’argomento della riduzione dei costi della politica, inizialmente il cavallo di battaglia indiscusso della sua riforma costituzionale. Morale della favola: il 4 dicembre è vicino e l’uomo è abbastanza disperato.

Giuliano Guzzo