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Strano davvero non l’abbiano sbranato, Papa Francesco, dopo che ieri ha osato apertamente criticare «chi ama cani e gatti e ignora le sofferenze dei vicini» mettendo nel mirino, con la consueta immediatezza che tutti ormai conosciamo, non tanto il rispetto per gli animali – valore di per sé condivisibile – bensì il capovolgimento antropologico che, non di rado, vede l’amore verso gli animali anteposto a quello verso l’uomo. Un capovolgimento, a ben vedere, tutt’altro che infrequente giacché la protezione della fauna non sottende necessariamente la protezione dell’uomo.

Anzi, semmai è il contrario: spesso, anche se a prima vista se può sembrar strano, è chi manifesta pietà per gli animali a non averne troppa per gli uomini.  Nei tempi antichi, per esempio, non risulta che il filosofo Plutarco (45-120 d.C.) abbia mai avuto da ridire sulla schiavitù – pratica assai diffusa anche dalle sue parti, e certo non rispettosa della dignità umana – mentre invece tuonò senza pietà contro i cittadini facoltosi, colpevoli di mangiare carne animale: «Che crudeltà! E’ terribile vedere imbandite le mense dei ricchi, che usano i cuochi, professionisti o semplici cucinieri, come acconciatori di cadaveri» (Del mangiar carne, trattati sugli animali).

Lo stesso Friedrich Nietzsche, per passare a epoche meno remote e più vicine alla nostra, una volta ebbe – com’è noto – pietà per le pene d’un cavallo, ma non pare coltivasse grande simpatia per gli umani poco prestanti: «I deboli e in malriusciti devono perire, questo è il principio del nostro amore gli uomini […] Che cos’è più dannoso di qualsiasi vizio? Agire pietosamente verso tutti i malriusciti e i deboli» (L’anticristo, Adelphi 1970, p.169). Casi isolati, quelli di Plutarco e Nietzsche? Non si direbbe. Infatti, in aggiunta alle loro discutibili esternazioni, si può segnalare pure un’esperienza politica a suffragio della pericolosa dissociazione che può verificarsi fra amore degli animali e rispetto per le persone.

Si sta alludendo, qui, al nazionalsocialismo, sotto il cui regime furono approvate leggi – indubbiamente eccellenti e per l’epoca avanzate – a tutela degli animali senza che analogo rispetto, però, fosse riservato agli ebrei. Altrettanto clamoroso e paradossale, per restare in tema, fu il legame che univa il Führer all’amatissima Blondie, pastore tedesco che Hitler in persona volle con sé anche nel bunker dove poi morì insieme ad Eva Braun. Si chiaro: non si vuole certo, esagerando, accostare ora gli amanti degli animali ai nazisti, ci mancherebbe, ma solo sottolineare a quali bizzarri esiti, talora, possa condurre la dimenticanza della dignità umana.

Lo si vede pure oggi con esponenti dell’animalismo assai elastici, per così dire, sulla difesa della vita umana. Si prenda il celebre oncologo Umberto Veronesi: favorevole alla legalizzazione di droghe leggere, aborto, eutanasia e provetta da un lato, e, dall’altro, estimatore dell’intelletto e della spiritualità degli elefanti: «Se gli elefanti di cui parlava Montaigne potessero parlare, sarebbero quasi come noi … Magari ci racconterebbero i contenuti delle loro preghiere […] Probabilmente ne concluderebbero che non vi è alcuna ragione evolutiva che li induca necessariamente a credere» (La libertà della vita, Raffaello Cortina Editore, 2006, p. 48).

Tra gli amanti degli animali, inoltre, si segnala anche José Luis Zapatero, durante il cui governo il Parlamento spagnolo, il 25 giugno 2008, approvò Gran Simios, un progetto con cui s’è deciso che i grandi primati – oranghi, gorilla, scimpanzé – hanno alcuni diritti umani. All’attenzione verso gli animali, pure in questo caso, non pare seguita quella verso l’uomo se si considera la parallela entrata in vigore – sotto Zapatero – di una nuova legge che ha consentito alle donne di età superiore ai 16 anni l’aborto entro le prime 14 settimane di gestazione senza l’obbligo di motivare in alcun modo la scelta. Ora, come mai?

Com’è possibile che il rispetto verso gli animali possa talvolta divenire l’atteggiamento di «chi ama cani e gatti e ignora le sofferenze dei vicini»? Alla base delle esagerazioni animaliste e della dimenticanza della dignità umana – da riconoscere in ognuno  – vi sono molti fattori. Di certo non si può non osservare come non già il doveroso rispetto, bensì il culto verso gli animali – destinatari di un affetto tante volte negato al prossimo – interessi il mondo occidentale proprio nel momento in cui la secolarizzazione pare più avanzata. E vengono in mente le parole di un prete che la sapeva lunga, il Santo Curato d’Ars: «Lasciate una parrocchia per vent’anni senza prete, e vi si adoreranno le bestie»

Giuliano Guzzo