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A costo di apparire provocatorio ammetto che ultimamente nutro molta più stima – sinceramente – nei confronti di coloro che, in Parlamento e fuori, si battono a favore delle unioni civili. Per una ragione semplice: i sostenitori del ddl Cirinnà operano alla luce del sole, dicono quello che vogliono e non fanno a gara a chi paluda meglio le proprie intenzioni e a chi rilascia la dichiarazione più politicamente corretta. Che è invece quanto accade da giorni nel mondo cattolico, dove prelati e politici, cardinali e semplici fedeli sembrano impegnati in un estenuante duello a chi la spara col silenziatore migliore, disapprovando nozze gay e utero in affitto senza disturbare nessuno.

In realtà, i cattolici che volessero indicazioni su come muoversi davanti ad un progetto di legge come il Cirinnà – dal Catechismo ad uno specifico documento del 2003 della Congregazione per la Dottrina della Fede, dalla testimonianza di tanti valorosi laici a quella dell’allora cardinal Bergoglio, che nella sua Argentina convocò «almeno cinquantamila persone» dando loro «appuntamento nella piazza del Congresso con lo slogan: “I bambini hanno bisogno di un babbo e di una mamma”» (La Repubblica 15/7/2010 p. 32) – avrebbero solo l’imbarazzo della scelta. Eppure, immemori del fatto che un cattolico dovrebbe pensare più alla salvezza dell’anima che a quella della reputazione, molti si rendono autori di “perle” oggettivamente sconcertanti.

Qualche esempio può aiutare a capire meglio di cosa si sta parlando. Perla numero uno: «Sì al riconoscimento di alcuni diritti, ma no al matrimonio omosessuale». Tradotto dal politichese: per la “cellula fondamentale della società” niente massacro, signore e signori, ma solo eutanasia. Infatti anche i bambini, ormai, sanno che le unioni civili sono l’anticamera per le nozze arcobaleno, e solo una smisurata fiducia nell’ingenuità di chi ascolta può spingere qualcuno a ricorrere ad affermazioni simili. Il fatto quindi che il «sì al riconoscimento di alcuni diritti, ma no al matrimonio omosessuale» ci venga propinato molto spesso dovrebbe farci riflettere sulla stima intellettuale di cui, come popolo, godiamo agli occhi di tanti.

Perla numero due: «No alle unioni civili, si pensi prima all’impoverimento delle famiglie o a quelle vittime dell’usura». Ora, a prima vista questa affermazione pare in linea col Magistero della Chiesa, ma in realtà lo è solo apparentemente. Infatti, anziché limitarsi al «no alle unioni civili» – che è tutto quanto dovrebbe dire chi intende opporvisi -, aggiungere quel «si pensi prima all’impoverimento delle famiglie o a quelle vittime dell’usura», lascia trasparire chiaramente come l’ostilità al ddl Cirinnà sarebbe motivata non tanto da ragioni di giustizia, ma solo di opportunità per non dire di pura tempistica. Per cui state pur certi che, in cuor suo, ogni autore di questa seconda perla tutto è fuorché qualcuno contrario all’agenda LGBT.

Perla numero tre: «No alle unioni civili, ma sì ad alcuni diritti». Il solo udire un «no, ma», a ben vedere, dovrebbe inquietare a prescindere, ma in questo caso l’odore di fregatura è davvero netto e dimostrativo del fatto che gli autori della perla numero tre – un po’ come gli autori di quella precedente – non sono contrari al ddl Cirinnà, ma semplicemente ne ritengono attualmente opportuna, per mere ragioni tattiche, una formulazione più snella e meno esplicita. Un ulteriore elemento che prova la pericolosità di una simile posizione è quello giuridico: «alcuni diritti» i conviventi, anche dello stesso sesso, li hanno già; anzi, ne hanno parecchi e chi vuole andare oltre o è uno sprovveduto o un finto contrario alle unioni civili.

Perla numero quattro: «L’utero in affitto no, quello è un crimine». D’accordo, ma invece le unioni civili vanno bene? Evidentemente sì, per chi si limita ad una frase corretta ma che, espressa in questi termini, serve solo a distrarre l’attenzione da un appoggio al ddl Cirinnà non esplicito ma sostanziale, non sbandierato ma nei fatti del tutto funzionale alla sua approvazione. Anche perché, nel momento in cui le unioni civili fossero legge, se da un lato l’utero in affitto rimarrebbe comunque alle porte, dall’altro – come mostra una sequenza coerente di pronunciamenti della CEDU, prima fra tutte è «X e altri contro Austria» del 2013 – il diniego alle adozioni omosessuali verrebbe presto bollato e abbattuto dalla magistratura come discriminatorio.

Perla numero cinque: «Giusto dare risposte, ma le adozioni restino fuori». Che è più o meno come dire: se proprio ci tenete, cari politici, qualche picconata alla famiglia datela pure, accomodatevi, però tenevi al largo dalla dinamite. Quest’ultima perla oltre a non costituire una vera opposizione alle unioni civili e neppure – per le ragioni appena ricordate – alle adozioni gay, è forse quella che ha maggiore successo e proprio per questo merita, come le altre e più delle altre, di essere guardata con enorme sospetto. Fermo restando che la sola affermazione non solo giusta ma da rilanciare senza paura, in questa specifica fase, è quella che il Direttore di questo giornale ha più volte ripetuto superando in coraggio, tocca annotare, molti alti prelati: il ddl Cirinnà va ri-ti-ra-to. Punto. Tutto il resto – aggiungo – è compromesso.

(“La Croce”, 16.1.2016, p.2).

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