Ha suscitato qualche preoccupazione, nei giorni scorsi, la diffusione del Rapporto Svimez sull’economia del Mezzogiorno 2014, secondo cui non solo continuano ad esservi più morti che nati, ma il numero delle nascite, nel 2013, è risultato addirittura il più basso dal 1861. E’ giusto che ci si preoccupi di questo, ma è inammissibile che ci si stupisca. Anche perché il guaio demografico – che da anni qualche voce isolata, e spesso ridicolizzata, vanamente segnala – non riguarda solo il Mezzogiorno e neppure solo l’Italia; è stato da poco reso noto un rapporto, per fare un esempio, che lascia ben poche prospettive alla Spagna post-zapateriana, quella di aborto libero e divorzio express, contraccezione e unioni omosessuali.
Si tratta di una nota dell’Istituto nazionale di statistica iberico – non quindi la trovata di qualche cupo profeta di sventura – nella quale è spiegato che, salvo sorprese, in Spagna tra il 2014 e il 2028 si registrerà una riduzione delle nascite pari a -24,8% rispetto ai 15 anni precedenti, fenomeno che si tradurrà nella perdita di un milione di abitanti nei prossimi 15 anni e di 5,6 milioni nei prossimi 50, lasciando, nel 2064, un Paese ridimensionato a 40 milioni di abitanti, oltretutto neppure molto giovani (Cfr. Proyección de la Población de España 2014–2064 (2014) «Instituto Nacional de Estadística»; 1-15). E’ la devastante conseguenza che toccherà non solo alla Spagna, ma a tutti i Paesi che seguiteranno a ridicolizzare la famiglia.
A rendere tutto questo ulteriormente grave è la stessa curva della natalità, che di anno in anno fa segnare variazioni non esagerate, anzi talvolta perfino impercettibili al di là di raffinate analisi statistiche. Questo significa che per arrestare la denatalità ed invertire la tendenza – come del resto mostrano le esperienze di Paesi con un welfare migliore di quello italiano e spagnolo, e che magari già promuovono esplicitamente le nascite – occorre molto di più di una riforma politica sensata: occorre tempo. Ma soprattutto occorre che torni a radicarsi nel mondo occidentale l’idea che l’unione matrimoniale fra un uomo ed una donna non è una variante affettiva fra tante altre: è la cellula persa di vista la quale una società si ammala. E, se non se ne avvede, rischia molto.
Quale sarebbe il nesso causale tra matrimonio omosessuale e la (probabilmente) futura situazione demografica spagnola?
Nessuno, caro Andrea, ha parlato di “nesso causale”: il declino della natalità, del resto, non nasce certo oggi. Il punto è che conferire riconoscimento pubblico a unioni strutturalmente infeconde come quelle omosessuali – così come semplificare il divorzio, facilitare l’aborto, ecc. – di certo non agevola la promozione la famiglia fondata sul matrimonio fra uomo e donna, che viene così parificata a “famiglie” pur rimanendo tutt’ora – e di gran lunga – la miglior garanzia riproduttiva di una comunità. Saluti.
Nel vicino Portogallo, dopo la modifica della legge sull’aborto (approvata nel 1998 e limitato solo in caso di concepimento avvenuto a seguito di uno stupro o di malformazioni fetali), che lo ha di fatto liberalizzato, e avvenuta nel 2007 a seguito di un referendum dove vinsero i “sì” all’aborto libero (peraltro senza raggiungere il quorum), il tasso di natalità di quel paese é crollato a picco e anch’esso presenta valori inferiori ai decessi.
Questo non fa altro che smentire i difensori della criminale legge nostrana n.194/1978, voluta da radicali e comunisti, che negano una correlazione tra legalizzazione dell’aborto e calo della natalità nel nostro paese. In realtà la correlazione esiste eccome, e il fatto che rispetto agli anni ottanta, il numero di aborti sia inferiore, non é dovuto ad un aumento del numero di gravidanze portate a termine.
Al contrario, gravidanze oggi ce ne sono di meno, per due ragioni fondamentali, il primo perché si fa maggiore uso di contraccettivi, sia naturali che artificiali, e secondo perché oggi la popolazione é più vecchia, e le donne in età feconda sono meno numerose rispetto a 35 anni fa. Negli anni ottanta, le gravidanze, di poco inferiori rispetto al decennio precedente (perché già si faceva maggiore uso di contraccettivi), erano molto più numerose di oggi, solo che però nel 25% dei casi, i concepiti vennero soppressi grazie alle IVG libere consentite dalla 194. Quindi nel nostro paese a un 25% di bambini concepiti negli anni ottanta fu impedito di nascere.
Sicuramente gran parte di queste IVG avvenne per ragioni economiche, ma non vanno giustificate, perché non si può in nome delle ragioni economiche sopprimere la creatura che si porta in grembo che è sangue del proprio sangue, é disumano, e il fatto che siano stati così numerosi questi casi ci dice che come Nazione siamo precipitati nella barbarie più assoluta.
Non giudico e non condanno chi interrompe una gravidanza avvenuta a seguito di uno stupro (dove il concepito non ha colpe sul crimine commesso, ma ne é una traccia), così come non giudico e non condanno chi decide di ricorrere all’IVG per malformazioni fetali o di handicap, perché in questo caso vengono evitati problemi esistenziali sia al povero disgraziato che nascerebbe che ai suoi genitori. Dunque, consentire l’aborto solo in casi simili lo ritengo più giusto, ma se il concepito é sano e lo si é avuto da un rapporto sessuale consenziente, può essere una risorsa per la società e sopprimerlo mi sembra ingiusto.
Io sono per una procreazione libera, volontaria ma responsabile, e pertanto come non condivido le politiche natalistiche del regime fascista per le “8 milioni di baionette”, non condivido ma anzi condanno le politiche de-natalistiche che lo stato italiano ha invece adottato negli ultimi 40 anni attraverso un fisco oppressivo nei confronti delle famiglie più numerose e la depenalizzazione dell’aborto.
La 194 é una legge da abrogare e da sostituire con una legge più equilibrata e che tenga conto dei tempi attuali.