Basterebbe legalizzare droga e prostituzione e saremmo salvi, almeno economicamente. E’ un ragionamento che abbiamo ascoltato decine di volte, soprattutto da coloro che, riconoscendosi in un atteggiamento antiproibizionista, sostengono che, dal momento che un fenomeno esiste, tanto vale regolamentarlo al fine di ottenerne maggiori entrate per l’erario. Anche sorvolando i profili morali e la pericolosità del ragionamento – fossero gli incassi statali il solo criterio da considerare, allora perché non depenalizzare anche traffico d’organi e traffico d’armi? – pare proprio che neppure il lato apparentemente più convincente dello stesso (il miglioramento dei conti pubblici) sia in effetti realistico. A dirlo è una fonte autorevole, l’Istat, che alla luce delle nuove metodologie europee di misurazione del Pil definite nel Regolamento Ue n. 549/2013 – misurazione che prevede il conteggio anche del giro d’affari di prostituzione, droga e contrabbando di alcol e sigarette – ha subito spento gli entusiasmi. Per l’esattezza, le parole sono di Roberto Monducci, direttore del dipartimento Istat per i conti nazionali, che a Rainews24 ha dichiarato: «Non saranno queste le innovazioni che faranno crescere il Pil». L’impatto «limitato», per dirla con Monducci, di questo nuovo conteggio ha una spiegazione di carattere fondamentalmente tecnico.
Le metodologie di misurazione stabilite dall’Ue e alle linee guida di Eurostat, contenendo indicazioni molto chiare su come calcolare questi aggregati, non consentono infatti di sperare in chissà quali esiti. Ma anche i calcoli fossero più elastici ci sarebbe da considerare, per esempio, come il consumo di sostanze stupefacenti nella popolazione generale (15-64 anni, uso di sostanze almeno una volta negli ultimi dodici mesi) sia in calo, conformemente alla «tendenza alla contrazione dei consumatori già osservata nel 2010, per tutte le sostanze considerate» (Relazione annuale al Parlamento – Uso di sostanze stupefacenti e tossicodipendenze. Dati relativi all’anno 2012 e primo semestre 2013 – elaborazioni 2013, p.6). Potrebbe mai un settore non in crescita risollevare l’economia? Difficile. Ad ogni modo, anche le prospettive fossero diverse la debolezza della tesi antiproibizionista rimarrebbe perché fondata sull’ipotesi – a dir poco ingenua – secondo cui prostitute e spacciatori, se potessero finalmente operare alla luce del sole, correrebbero, per di più con la nostra attuale e vampiresca tassazione (!) a regolarizzare la loro posizione, confortati dall’altruistica convinzione di contribuire ai conti pubblici; se molti non fossero davvero convinti di una cosa simile, ci sarebbe da ridere. Ed intanto la sola via d’uscita per la nostra economica, ribadita fino alla nausea da fior di economisti (meno spesa e meno tasse), se ne resta là, tristemente trascurata.
Anche io che sarei farevole per la riapertura, sarei perplessa sulle modalità con cui si vorrebbe riaprire la case chiuse, cioè sfruttando queste poverette anziché dare un’assistenza sanitaria gratis come accadeva in passato, senza fare come in Olanda che le metterebbero in vetrina, né a quartieri appropriati per esercitarvi l’adescamento di clienti, …