L’errore è pensare che l’inqualificabile commento del giornalista di Repubblica, Paolo Berizzi, a seguito del nubifragio che ha colpito Verona – «Sono vicino a Verona e ai veronesi […] i loro concittadini nazifascisti e razzisti che da anni fomentano odio contro i più deboli e augurano disgrazie a stranieri, negri, gay, ebrei, terroni, riflettano sul significato del karma» -, ecco l’errore, si diceva, è ritenere un simile sproloquio casuale, perché non lo è. Al contrario, esso è solo l’ultimo di una serie di episodi analoghi.

Nel novembre 2019, a seguito di un devastante maltempo che flagellò Venezia e il litorale veneto, sui social apparvero commenti di questo tenore: «Ben vi sta», «Venezia fa proprio acqua da tutte le parti», «Hotel di lusso allagati? Se lo meritano, costano troppo». A negare la solidarietà ai veneti, in quell’occasione, ci fu anche Giangi Franz, professore dell’Università di Ferrara: «Nessuna compassione per Venezia o per i Veneti […] Proprio nessunissima solidarietà. Anche perché vogliono l’autonomia. Vero? E allora se la cavino da soli».

Nel 2015, intervenendo a La Zanzara su Radio 24, era stato invece il fotografo Oliviero Toscani a definire i veneti «un popolo di ubriaconi e alcolizzati. Poveretti, non è colpa loro se nascono in Veneto». E potremmo continuare ancora a lungo con gli esempi, se non fosse chiaro che Paolo Berizzi, nel dipingere Verona come infestata di «nazifascisti e razzisti», non ha inventato nulla. Solo, ha rinverdito un filone di antivenetismo che, specie in casa progressista, non ha mai smesso di riscuotere successo. Ma come mai? Quale la ragione di tale ostilità verso i veneti?

La risposta a simili quesiti esigerebbe spazio ma, in sintesi, i veneti stanno sulle scatole agli intellò per questo: sono un popolo (peraltro dalla storia millenaria e dall’identità regionale molto forte, come attesta la persistente diffusione del dialetto) di radicata tradizione cristiana (nonostante la facilità alla bestemmia), benestante e laborioso, d’indole conservatrice e autonomista, ma soprattutto – colpa gravissima – raramente sono di sinistra. Il consenso bulgaro di Luca Zaia, insomma, oltre che premiare un esecutivo riflette un’identità. Un’identità detestata in quanto opposta a tanti dogmi progressisti.

Giuliano Guzzo