Tra le non regole non scritte – o tra le ipocrisie scritte fin troppo bene – nel manuale del politicamente corretto, c’è il rispetto verso le donne. Che è un dovere, certo, ma solo se la donna orbita a sinistra. Diversamente, non solo il rispetto diventa facoltativo, ma scatta la licenza d’insultare. L’ultimo esempio è quello dell’olandese Eva Vlaardingerbroek, giurista e dottoranda in filosofia del diritto che, per aver criticato il femminismo durante una conferenza del partito conservatore del suo Paese, si è beccata della «serva della destra radicale» e «suprematista bianca».

Pur avendo appena 23 anni, la Vlaardingerbroek avrà messo in conto, immaginiamo, a cosa andava incontro esponendosi così; certo, se si fosse chiamata Greta o Karola oggi sarebbe già un’eroina. Invece i nostri media, salvo lodevoli eccezioni, la ignorano. Esattamente come hanno ignorato, o quasi, la svedese Izabella Nilsson Jarvandi, attivista che combatte immigrazionismo e gender: giovanissima come la Vlaardingerbroek, anzi ancora di più, e con la sua stessa imperdonabile macchia. Non essere progressista. Attenzione perché l’indifferenza o addirittura l’odio nei confronti delle donne che la pensano diversamente, non è esclusiva dell’estero.

Succede anche da noi, eccome. Si pensi a Silvana De Mari, medico nonché «una delle autrici fantasy italiane più conosciute al mondo» (la Repubblica), letteralmente destata da taluni paladini Lgbt; a Benedetta Frigerio, brava giornalista contro la quale era stata addirittura avviata, sempre ad opera dell’Inquisizione arcobaleno, una petizione per cacciarla dall’Ordine; a Costanza Miriano, anche lei scrittrice contestatissima in quanto estranea al pensiero unico dominante. Per non parlare di Oriana Fallaci, che fu mostrificata per il suo anti islamismo. Tutte donne la cui libertà di pensiero sembra non valere come quella delle ancelle della cultura dominante. Un caso? Ovviamente. no.

Significa che il rispetto della donna – che certo è un valore fondamentale, ci mancherebbe – spesso non è concepito e salvaguardato come tale, ma solo come pretesto, come spunto per demonizzare la famiglia, additata a centrale di sempiterna violenza patriarcale, e per stigmatizzare l’uomo maschio. Con il risultato che se una voce femminile si leva boninamente, boldrinianamente o jebrealmente, guai a chi fiata. Ma se una donna afferma altro, come ha fatto da ultima la Vlaardingerbroek, affari suoi. Rinuncia all’immunità mediatica che le riserva il suo sesso, pardon il suo genere, e via libera. Può essere irrisa, vilipesa, insultata. Il politicamente corretto ha un codice, ma non un galateo.

Giuliano Guzzo

*****

«Da leggere!» (Diego Fusaro)

«Un libro pieno di chicche» (Rino Cammilleri)

«Un viaggio tra vicende note e meno note con lo scopo di aiutarci a sviluppare il senso critico» (Aldo Maria Valli)

Ordinalo in libreria oppure acquistalo subito su Amazon