La corrispondenza fra lecito e possibile, un tempo apertamente temuta, non è un problema. Non più. Problematici sono invece divenuti coloro i quali ancora si arrovellano su questo e proprio non si arrendono all’evaporazione del buon senso fra le pieghe della tecnologia e dei desideri incoronati diritti. Il caso della fotografia della coppia gay canadese che abbraccia un bimbo appena nato e subito sottratto alla madre lo dimostra: avrebbe dovuto scandalizzare, pochi anni fa lo avrebbe certamente fatto, e invece ha sollevato critiche quasi solo nei confronti di quanti hanno osato chiamarsi fuori dalla gioia collettiva che “ha commosso il web”.
Che significa? Che oggi siamo improvvisamente progrediti mentre fino a ieri eravamo tutti bigotti, inconsapevoli burattini nelle mani dell’intolleranza? Fa comodo crederlo. Tremendamente comodo. Perché ci permette d’imitare Pilato nel ruolo di chi intuisce la verità ma poi, per quieto vivere, preferisce affidarla al responso della maggioranza. Del resto, se giustifichiamo tutto non abbiamo più nulla da capire; se diamo spazio ai soli diritti dimenticando i doveri – primo fra tutti quello, spesso faticoso, di pensare – abbiamo più tempo per noi e meno rischi di dissenso. Vivi e lascia vivere, sussurra ai nostri orecchi l’Individualismo. E spesso, purtroppo, gli diamo retta.
Capita così che dinnanzi all’immagine di un bimbo strappato alla madre-incubatrice dei desideri di una coppia che a quel piccolino negherà il diritto di sapere che si prova ad averla, una mamma, dinnanzi a quello capita che vada tutto bene. Perché quella coppia ora è felice. Perché la donna che in foto sembra sofferente in realtà è felice pure lei, felice per aver dato a due uomini un “dono” che madre natura, nella sua eterna saggezza, da sempre nega e sempre negherà. Nessuno pare avere dunque titolo di contestare il plateale rovesciamento della realtà e di sperare che no, che sia tutto solo uno scherzo durato troppo a lungo.
D’accordo, ma a quel figlio? A lui chi pensa? La legge variopinta del “love is love” sistemerà tutto, assicurano dalla regia del Grande Fratello in cui siamo capitati. Ma in realtà sappiamo che non è così. In realtà – senza con questo giudicare i sentimenti di qualcuno, etero o meno che sia, o propiziare nuovi roghi – è chiaro a chiunque che un bambino ha bisogno di un papà e di una mamma: lo sappiamo, lo sanno. La stessa idea di stordirci col tema dei diritti, a ben vedere, risponde all’esigenza di distoglierci da un’evidenza altrimenti schiacciante. La forza del Pensiero Unico, dopotutto, è questa: far credere automaticamente giusto ciò che si desidera, anziché far desiderare ciò che è giusto.
La Dittatura dei Diritti prospera quindi grazie ad un’illusione ottica, ossia l’ipotesi assurda per cui, siccome non se ne parla praticamente più e l’argomento è spinoso, la Giustizia ha cessato di esistere al di là dell’edizione tascabile che ciascuno si porta con sé, finalmente libero da comandamenti e sensi di colpa. Peccato però che una Giustizia, un’innata e insopprimibile tensione a quel bene che pure ora ci rifiutiamo di chiamare così, esista e sotterraneamente si agiti. In ognuno di noi. Ed ora ci sta fissando con gli occhi innocenti dei bambini a cui neghiamo il diritto di crescere con un padre ed una madre, per vedere fino a che punto riusciremo a mentire.
contedduca1983 ha detto:
all’istinto naturale che cerca una tetta, la follia umana concede 4 peli…
F ha detto:
il “pianto e stridor di denti” non sarà alla fine dei tempi, ma quel bambino lo proverà già in questo.
lilla ha detto:
Mamma dove sei? Papa dove sei?
lilla ha detto:
Papà (errata corrige)
Piero ha detto:
Ma anche senza l’accento.
Il Papa, sempre piuttosto querulo, non ha proprio nulla da dire?
pippoflash ha detto:
Ho protestato formalmente con facebook perchè desidero assemblare il mio genere con 12 termini, invece ne sono concessi solo 10. Questa è discriminazione!
Chiara Frezzotti ha detto:
Credo che la situazione sia ben più complessa. Siamo certi che la donna sofferente (il parto è per certo sofferenza), lo sia anche perché non avrà con sé il figlio che ha portato in grembo? Ne siamo certi o ci piace pensarlo? E che quel bambino sarà infelice senza una mamma, è una certezza o una supposizione? Perché (e la complessità della discussione non si limita a queste piccole annotazioni che riporto), quella stessa natura che Lei invoca, spesso (in Occidente meno, in altre zone del mondo di più) fa sì che le madri muoiano nel dare alla luce i propri figli. Ed è quella stessa natura che non permetterebbe a persone dello stesso sesso di procreare, non un’altra. Eppure i bambini orfani diventano adulti (non parlo di bambini abbandonati, ma di chi cresce in famiglie mono-genitoriali), non ricordano quella madre che non hanno mai conosciuto, conoscono un’altra realtà. Diversa da quella più diffusa, non per forza peggiore. Se crediamo sia peggiore è perché guardiamo tutto da un nostro personale punto di vista